Per mettersi in mezzo. (1)
15/7/2009
Arrivare a Gerusalemme è facile, un'oretta dall'aereoporto di Tel Aviv con un nesher, un taxi collettivo con aria condizionata. Sembra di essere in un posto normale, se non fosse che in un parco che probabilmente ricorda il luogo dii una battaglia ci sono a fare da monumento delle carcasse di mezzi militari e i giochi per i bambini sono fatti a forma di jeep da cui sparare sui nemici.
A dire la verità ogni volta che vedevo un bus mi venivano in mente le foto dei bus fatti esplodere dai “martiri” palestinesi mietendo la loro vita assieme a quella di tante persone più o meno ignare e più o meno innocenti. Adesso stanno costruendo una tramvia nuova, forse pensano sia più controllabile.
Di cantieri non ne mancano, è tutto un gran costruire case per i nuovi arrivati dai paesi più diversi. Perché in effetti gli israeliani non esistono come popolo, sono un mix di popoli di tutto il mondo e l'unica cosa che li amalgama, come un tempo i siciliani con i veneti, è il servizio militare.
All'aeroporto, al controllo dei passaporti, hanno cominciato a farmi domande. Lo fanno sempre, soprattutto per chi si presenta da solo. La poliziotta non si è accontentata di quello che le dicevo, di dove avevo intenzione di andare, e così ha trattenuto il mio passaporto. Nel frattempo sono passate altre persone con la fondata motivazione che erano “del gruppo di don Mario” (detto in italiano alla poliziotta che non lo capiva). E' venuto un altro poliziotto per accompagnarmi in una saletta. C'erano altri “selezionati” come me ad aspettare. Dopo poco però, senza che mi chiedessero alcunché, mi hanno accompagnato al posto di polizia e mi hanno restituito il passaporto timbrato. Si vede che una persona che da sola va a Gerusalemme senza il volo di ritorno prenotato non risulta credibile alla prima... o forse avevano solo voglia di darmi un po' fastidio.
E così a sera posso solo dire una cosa su questo paese:che ho notato: le israeliane sono anche carine ma vestono in una maniera orrenda.
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