Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

20/03/08

Riflessioni sulla privacy

Spesso si sente parlare di "diritto" alla privacy, tanto che come garanti nell'Autorità sulla Privacy hanno messo dei paladini dei diritti.
Non ho mai creduto che la privacy fosse un diritto. Non ho mai ritenuto il segreto qualcosa di positivo e ho sempre diffidato di chi aveva dei segreti da tenere. Non penso che sia un diritto nascondere le informazioni ma è un diritto che non si abusi delle informazioni che si hanno a disposizione.
Se sono omosessuale, cattolico, ateo, mussulmano, comunista o leghista devo avere il diritto di esserlo senza subire conseguenza negative, e non devo essere costretto a esplicitarlo, potendo scegliere di divulgare o meno l'informazione, ma da qui ad affermare il diritto alla privacy per cui se qualcuno viene a sapere che sono omosessuale, cattolico, ateo, mussulmano, comunista o fascista o qualsiasi altra cosa derivante da una mia scelta deve fare finta di non saperlo ce ne corre.
Dire che il segreto è un diritto è l'accettazione della sconfitta di una società che non riesce a aiutare chi è in condizione di debolezza e spera di ridurre i danni nascondendone la causa ma rischiando di crearne altri.
Il fatto è che il cosiddetto "diritto alla privacy" è diventato di moda ultimamente grazie ad un'abile gioco di parole che ha fatto diventare prezioso ciò che fino a non molto tempo prima non lo era. Nel '68 si arrivava ad affermare che "il privato è pubblico" ma una saggia regia ha instillato l'individualismo in ognuno di noi a tal punto da farci credere un diritto la secretazione perfino del pubblico.
Ai tempi in cui anche fare una fotocopia era questione non semplice e raccogliere e diffondere informazioni era cosa concessa solo a pochi potenti nessuno parlava d privacy. Quando poi, anche grazie alle tecnologie, la raccolta e diffusione delle informazioni è diventata cosa a portata di tutti, allora chi ha potere, politico, economico, burocratico, giudiziario, ha pensato bene di recuperare quello che stava perdendo inventando il "diritto alla privacy" con una legge che, per esempio, come minimo fa diventare a pagamento l'informazione che altrimenti potrebbe essere acquisita gratis. Io sono arrivato a ricevere fino a tre telefonate nello stesso giorno dallo stesso gestore di telecomunicazioni per farmi delle offerte, nonostante abbia richiesto diverse volte di essere cancellato dai loro elenchi e aver scritto senza aver risposta all'Autority sulla privacy. Intanto io i soldi per pagare un avvocato per una questione del genere non li ho e i miei dati possono essere venduti ad altri call center dato che forse ho firmato anche una piccola clausola accessoria confusa tra quelle "per la privacy" necessarie per vedermi accettato il contratto. Ma se un bed and breakfast si conserva l'informazione sulla stanza in cui sono stati alloggiati i diversi clienti, magari per potergliela proporre la prossima volta che vengono ospitati, può trovarsi a dover pagare alcune migliaia di euro di multa.
Per di più questa legge è stata concepita per aiutare coloro che i loro segreti li sanno usare molto bene contro gli altri.
Tutela perfettamente chi ha intenzione di fare cose non lecite di nascosto (provate a capire quali sono i proprietari di certe società) ma allo stesso tempo lascia la possibilità a chi ha potere di avere tutti i vostri dati (provate a farvi mandare qualche migliaio di euro senza avere un conto corrente e ad aprire un conto corrente senza dare tutti i vostri dati oppure ditemi cosa provate quando vi viene contestato da agenti di polizia che avete partecipato alcuni anni prima ad una riunione politica a trecento chilometri da casa vostra, come è capitato a me).
Per non parlare delle persone che, per esempio, sono morte non avendo ricevuto soccorso in tempo perché chi avrebbe potuto fornire informazioni a chi voleva aiutarli si bloccava di fronte alla privacy (provate a telefonare ad un ospedale per sapere se c'è ricoverato un vostro amico che non è tornato a casa da una gita e che invece è in fondo a un canalone, l'unica cosa è chiamare in ogni caso il 118 o il 113, anche se il vostro amico fosse al bar sotto casa, e sperare nella solerzia dei soccorsi).
Adesso che, anche tramite Internet, sarebbe molto più facile recuperare e diffondere informazioni sulle persone e sui fatti, ci si trincera dietro la privacy per rifiutarle a chi, in fondo, ne avrebbe diritto anche per tutelare i propri diritti (provate a scoprire che ISEE ha presentato il notaio il cui figlio è prima del vostro nella graduatoria dell'asilo). Allo stesso tempo si è messa una normativa che sta come una spada di Damocle sulla testa di chi vorrebbe diffondere il più possibile l'informazione per rendere partecipe le persone della loro vita (provate a vedere cosa rischia chi spedisce un volantino a coloro che hanno firmato con indirizzo una petizione contro una ingiustizia).
La legge sulla privacy penso che sia la formalizzazione del nuovo credo imperante nella nostra società: il "fatti i fatti tuoi" che è l'esatto opposto dell'"I Care" di don Milani. E' il primo dei comandamenti della nuova religione i cui templi sono gli ipermercati e i sacerdoti i broker borsistici e le litanie i listini delle borse.
Nessuno deve sapere cosa fanno gli altri, tutto il potere dell'informazione deve rimanere in mano di pochi che lo controllano a loro piacimento, usando dell'informazione legalmente detenuta (spesso semplicemente comprata a suon di euro). Tutti gli altri non possono procurarsela liberamente, a prescindere dallo scopo per cui ciò viene fatto.
Ho sempre pensato che chi ha dei segreti ha qualcosa di cui si vergognerebbe o si dovrebbe vergognare.
Nel primo caso, se non ce n'è motivo è meglio che si sappia pubblicamente in modo da liberarlo dalla sua oppressione, ma se c'è motivo di vergognarsi e giusto che si sappia perché ognuno possa decidere come affrontarlo, pur nel pieno rispetto dei suoi diritti.
Se i segreti servono per difendere i propri diritti, allora è meglio pretendere che i diritti vengano rispettati e non accontentarsi di poterne godere solo perché si sfugge a chi li nega. Se ho la coscienza a posto non ho bisogno di segreti, se non faccio niente di male perché non posso fare tutto alla luce del sole? Non si sta parlando di sentimenti, per quanto anche quelli sarebbe bello se tutti sapessero esprimerli senza paura, ma di dati di fatto.
Perché non far sapere quanto si guadagna, se si prende uno stipendio che non è un furto e non si ha intenzione di evadere il fisco? Perché nascondere una malattia, visto che non è una colpa ammalarsi, ma la legge deve punire chi nega dei diritti a chi è malato? Perché nascondere i propri dati personali, se non si è fatto nulla di male agli altri? Perché nascondere le proprie relazioni con altre persone, se si ritengono lecite? Può succedere che un pentito debba tenere nascosta la sua residenza per le minaccie della malavita ma qui non si tratta di privacy ma di incolumità personale, può succedere che un malato di AIDS venga discriminato ma anche in questo caso non è questione di privacy ma di diritti violati che vanno fatti rispettare da chi li nega. Rispetto a casi come questi la società, invece di proteggere la vita in segreto dovrebbe proteggere la vita in pubblico facendo in modo che ognuno abbia diritto a vivere la propria vita non perché è nascosta a tutti ma perché tutti la rispettano.
Ma questa, purtroppo, è tutta un'altra storia.

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