Se è il preside a scegliere i prof...
Ho rinunciato a provare ad entrare ad insegnare all'università per non dover sottostare a concorsi truffaldini e ho cominciato a fare il professore nella scuola pubblica quando bisognava vincere un concorso pubblico veramente senza possibilità di barare o farsi raccomandare. Purtroppo però anche questa ultima possibilità per i non raccomandati sta sparendo con la selezione di docenti per chiamata da parte dei dirigenti. Pare che chi non viene selezionato vada a finire nei posti che restano non richiesti, ma non ci vorrà molto che l'assunzione dopo il concorso verrà convalidata solo se si viene selezionati, come avviene per le selezioni di personale delle UE.
In trenta e più anni di insegnamento ho trovato il primo dirigente competente solo da due anni. E mi ritengo fortunato. Gli altri decidevano in base a quanto i docenti erano accondiscendenti e non in base alla loro capacità. Quello che era ritenuto il migliore tra i dirigenti passati ha cercato di allontanarmi perché lo disturbava la mia attività politica ed è riuscito ad allontanarmi per alcuni anni manipolando la normativa e costringendomi a ricorrere al TAR a mie spese per poter tornare. Eppure di solito i miei studenti apprezzano anche anni dopo (anzi forse di più negli anni dopo) il mio operato.
Spesso a fare i dirigenti non vanno i docenti più competenti ma solo quelli più arrivisti, gli altri continuano ad insegnare con passione. Spesso provano a lasciare l'insegnamento per avere più soldi e/o più potere ma vanno a fare un altro lavoro di tipo burocratico che di solito non è molto interessante per chi si è dedicato all'insegnamento. Quei dirigenti non sceglierebbero i docenti migliiori solo perché il lavoro di dirigenza ha perso la valenza educativa e si limita alla valenza economica. Se i dirigenti potessero fare i formatori, lasciando ai dirigenti amministrativi gli aspetti burocratici, ci sarebbero molti docenti motivati in più a fare il concorso non spinti solo dall'arrivismo. Ma più passa il tempo e più l'attenzione viene messa solo sugli aspetti economici e burocratici.
Il problema è la mentalità italiana. Quando hanno trasformato la dirigenza negli enti pubblici l'unica cosa che è cambiata è che sono aumentate le retribuzioni e data maggiore libertà di scelta discrezionale alle amministrazioni, ma, per quanto fosse prevista la possibilità di mandarli via, gli unici ad essere mandati via sono stati quelli che cercavano di opporsi al malaffare mentre gli allineati e coperti magari saltano da un incarico all'altro ma sempre in caldo restano con la scusa che tengono famiglia.
Non basta chiedere la valutazione dei dirigenti sul merito perché la mentalità italiana del "meglio incapace che insubordinato", soprattutto a livello politico, trova la sua piena espressione.
Non è solo nella pubblica amministrazione che gli italiani sono corrotti e corruttibili ma nella vita di tutti i giorni e il concorso pubblico (di provenienza napoleonica) era una forma di salvaguardia che cercava di arginare il malaffare che vede spesso gli italiani fustigatori della scorrettezza altrui ma sempre pronti a giustificare le proprie riserve.
Parlo dei concorsi veri, ovviamente, non quelli con uno o due posti dove la commissione ha già il nome del vincitore prima di iniziare, come succede all'università.
I concorsi veri ci sono quando il numero di posti sono parecchio superiori al numero di commissari e soprattutto quando le commissioni sono più di una e i candidati non sanno a priori a che commissione sono assegnati.
Quello che salvava i concorsi pubblici veri, quelli con centinaia di posti a disposizione, era proprio il fatto che non sapevi con chi capitavi da entrambe le parti e quindi la persona che avevi davanti la valutavi per quel che era non avendo la probabilità di capitare con i propri amici da piazzare.
Ai concorsi pubblici possono partecipare tutti, di solito. Poi si può discutere sulla validità di prove per valutare le competenze, ma questo è un altro problema.
E una maniera per distruggere il meccanismo dei concorsi è fare le cose come nell'ultimo concorso della scuola.
Essendo stato nominato di ufficio nelle commissioni dell'ultimo concorso da un giorno all'altro sono stato inserito nella commissione senza alcuna indicazione riguardo a quello che avrei dovuto fare e valutare. E nella prova al computer, per esempio, si chiedeva di fare delle mappe semantiche, che evidentemente hanno bisogno di strumenti grafici per essere disegnate, avendo a disposizione solo un input testuale.
Quanto poi alla soluzione di privatizzare tutto per risolvere i problemi del pubblico, ormai è una favola che oltre alla logica non regge neppure più all'esperienza visto il disastro che hanno portato le privatizzazioni di quasi tutti i servizi pubblici che hanno subito tale processo, con servizi peggiorati, costi aumentati e perdita di controllo da parte della collettività.
Anche nel settore privato in molti casi ho dovuto constatare che spesso invece che le persone più capaci si preferisce prendere persone "conosciute" "per non avere sorprese". Per quello che ho visto io, soprattutto con grandi numeri di assunti, la raccomandazione e le conoscenze sono il criterio primo che ovviamente penalizza soprattutto chi è più in basso nella scala sociale.
Adesso forse il problema non è più quello di farsi assumere ma di non farsi licenziare. Il criterio di selezione però non è cambiato. Solo che prima funzionava per l'assunzione e adesso per evitare il licenziamento.
Etichette: democrazia, eccellenza, educazione, scuola
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