Ma di che nonviolenza parlano?
In questi giorni si sentono molte voci di persone che commentando le azioni degli studenti parlano di nonviolenza (o meglio di "non violenza") dando per buono che equivalga al semplice rifiuto di ogni forma e tipo di violenza. In quello che scrivono vedo spesso un problema ed è che loro fanno riferimento ad una delle accezioni di nonviolenza che, per altro, molti di quelli che parlano di nonviolenza pensano. Io e altri la pensiamo diversamente, chi più e chi meno, perché abbiamo visto agire la nonviolenza, ma in effetti ci sono un sacco di sedicenti "nonviolenti", che sono semplicemente persone di quelle che Gandhi odiava, quelli incapaci di azione, nonviolenti solo perché incapaci di agire la violenza.
Carlo Giuliani era andato a P.za Manin per vedere come i nonviolenti si opponevano alla violenza ma quando ha visto la loro inefficacia è andato a cercare una risposta dalle tute bianche, incontrando la morte. Se i nonviolenti presenti in quella piazza fossero stati più credibili, come quelli di Portello, forse non sarebbe successo.
Molti parlano della nonviolenza come probabilmente è stata loro presentata da persone, come giornalisti, intellettuali o politici, che ne parlano confondendola con l'inazione, persone che quando vedono un conflitto scappano lontano pensando "guarda che violenti", persone che pensano che impedire a qualcuno di accedere ad un posto sia già violenza e che perfino fare un digiuno sia una violenza ... verso se stessi.
Ci sono altre persone, anche con buona conoscenza della storia, che ricordano che Gandhi ha assunto posizioni razziste nella sua vita in Sudafrica o militariste prima dell'indipendenza, che Mandela era il capo dell'ala armata dell'ANC, ma forse dovrebbe anche considerare che se uno nella vita cambia idea probabilmente l'ultima sua idea è quella più vera, più approfondita (e dico questo anche pensando a personaggi come la Fallaci). E a volte confondono, avendo poca dimestichezza con i termini, arrivano ad affermare che Gandhi proponeva semplicemente di non resistere agli inglesi, quando invece non diceva agli indiani semplicemente di lasciarsi invadere, ma di resistere negando il consenso. E comunque ha sempre detto che preferiva chi si opponeva all'ingiustizia con la violenza che chi non vi si opponeva.
Io provo a suggerire due definizioni di nonviolenza che potrebbe lasciare perplessi i puristi, ed entrambe fanno riferimento al concetto di forza.
La prima è che la nonviolenza è la forza dell'intelligenza ma la seconda è che la nonviolenza è la forza applicata per RIDURRE il più possibile la violenza. E quando dico ridurre intendo che se riesco a fare diminuire la violenza anche senza eliminarla del tutto già sto agendo nonviolentemente.
Ci sono diversi approcci alla nonviolenza, diversi concetti di violenza e di forza. Una azione per alcuni è violenta e per altri è nonviolenta, per alcuni è solo uso della forza e per altri e violenza.
Io penso che sia necessario agire con la nonviolenza. Sarà anche vero che in alcune situazioni chi ha agito nonviolentemente è stato represso e a volte ci ha rimesso anche la vita, m
a il rischio di essere repressi lo corrono tutti, anche coloro che si organizzano per fare violenza.Quanti sono i guerriglieri organizzati che sono stati uccisi e massacrati brutalmente senza far cambiare di una virgola la vita di quelli per cui si battevano? Sicuramente molti di più degli attivisti nonviolenti che hanno perso la vita, ma questo non mi soddisfa.
Restando anche solo in Palestina direi che il rapporto tra morti e salvati è decisamente a favore di chi ha usato la nonviolenza o anche la poca violenza delle pietre rispetto a quelli che hanno scelto le armi e le bombe
Restando anche solo in Palestina direi che il rapporto tra morti e salvati è decisamente a favore di chi ha usato la nonviolenza o anche la poca violenza delle pietre rispetto a quelli che hanno scelto le armi e le bombe
Tutte le guerre cominciano perché il primo a fare violenza pensa di riuscire a distruggere l'avversario prima che questo possa rispondere con la violenza. Ma in nessuna guerra ciò avviene.
Al contrario chi agisce con violenza viene più facilmente represso con violenza, non tanto perché il potere li teme di più, quanto perché sono le propaggini del potere, le sue mani operative, che li odiano di più rispetto a chi agisce nonviolentemente.
Al contrario chi agisce con violenza viene più facilmente represso con violenza, non tanto perché il potere li teme di più, quanto perché sono le propaggini del potere, le sue mani operative, che li odiano di più rispetto a chi agisce nonviolentemente.
Probabilmente il potere teme di più chi agisce nonviolentemente perché dà meno giustificazioni per la repressione, mentre le sue propaggini preferiscono massacrare chi li ha appena insultati e gli ha tirato addosso una molotov che chi non li ha offesi o messo a repentaglio la loro incolumità, anche se non si limita ad una opposizione simbolica ma ingaggia una lotta reale e non eludibile.
Oltre alle grandi lotte nonviolente di Gandhi e Martin Luther King anche in Italia ci sono state lotte nonviolente come quelle dei siciliani con Danilo Dolci o, anche in tempi più recenti, la lotta contro la Mostra Navale Bellica a Genova e per altri versi la campagna per la chiusura delle centrali nucleari, entrambe quest'ultime degli anni 80, che penso siano paragonabile ad una delle campagne di MLK e sono totalmente italiane.
Io penso che le persone con qualche decina di anni di età è meglio se adesso mi dedicano a supportare i giovani che vogliono costruire il loro futuro, se ce ne sono. E nel mio piccolo continuo a fare formazione sull'Azione Diretta Nonviolenta .... come i benedettini che copiavano i testi dei filosofi greci per salvarli dalla barbarie.
Etichette: azione diretta, conflitto, giovani, movimento, nonviolenza, violenza
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