Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

23/07/09

Per mettersi in mezzo. (8)

22/7/09
Stamattina vado a prendere i bambini al “gate”. Aspettiamo che i soldati vadano a prendere i bambini che arrivano dai villaggi vicini accompagnati dagli americani e li accompagnino dalla parte del villaggio dove ci siamo noi ad attenderli. Arrivano correndo, facendo un po' di fatica a stare tra i soldati. Sono quattro, due davanti e due dietro e imbracciano il fucile mitragliatore alla Rambo ma hanno una faccia da ragazzini. Stranamente sono tutti e quattro a piedi Di solito ce n'è qualcuno a piedi e altri sulla jeep che li segue. Un pastore ebreo sta pascolando le pecore dentro la colonia. Ad un certo punto, quando i bambini appaiono sulla cresta della collina da svalicare comincia a fare spostare il gregge verso un cancello che dà sulla strada che percorreranno i bambini. Ci allarmiamo un po' e tiriamo fuori le telecamere. Poco prima che i bambini arrivino dal cancello una pecora esce in strada e il pastore esce di corsa e la fa rientrare. Poi i bambini e i soldati passano senza problemi e ci raggiungono. Ele annota il numero della jeep e manda il messaggio di conferma agli americani dall'altra parte: “13 kids arrived”, tutto a posto. Un bambino mi prende per mano, una manina ruvida ruvida, e andiamo assieme fino alla discesa, poi mi fa capire che vuole correre per raggiungere gli altri e ci mettiamo a correre insieme fino alla scuola.
Nel pomeriggio arriva una delegazione di italiani guidati da un personaggio politico abbastanza noto. Scherzando con gli altri li definisco “pacifisti da scrivania” anche se almeno loro stanno venendo a toccare con mano come si vive qui. Stanno facendo un giro di una settimana di conoscenza e solidarietà, toccando varie località della Palestina per conoscere le diverse realtà dove sono presenti attivisti nonviolenti. Sono 13500 euro “all inclusive” compresa una quota di solidarietà per i luoghi visitati. All'entrata del villaggio il bus rompe la coppa dell'olio e i visitatori più giovani salgono a piedi mentre quelli più anziani vengono accompagnati in auto per fare i cinquecento metri che li separa dalla scuola. Gli andiamo incontro e scopro che tra loro c'è anche una ragazza che ho conosciuto ad una riunione scout qualche mese fa. Fa sempre piacere incontrare facce note. Arrivano alla scuola un po' provati. Il nostro riferimento locale ha organizzato una specie di spettacolo un po' da villaggio turistico con danze popolari e caffè. I bambini si chiamano per andare dietro una delle ragazze italiane che mette in mostra un bel tanga a filo sottile. Purtroppo l'amplificazione, che poco prima funzionava, quando deve parlare il sindaco si ammutolisce. Finito lo spettacolino di danza gli italiani si spostano dalla nostra casa a visitare il piccolo “museo della resistenza nonviolenta”, dove ci sono fotografie di avvenimenti passati e qualche cimelio, e per entrare nell'esposizione dei lavori della cooperativa di donne a fare un po' di shopping. Messi tutti in cerchio le domande sono molte. Ale, che con Fabio è venuta apposta da Gerusalemme per incontrare la comitiva del personaggio, cerca di dare delle risposte veritiere ma questo un po' indispettisce chi ha organizzato il tutto che vorrebbe dipingerci come degli eroi in prima linea e non come persone normali che si mettono a disposizione di chi vive un conflitto per aiutarlo ad affrontarlo. Forse preferisce che non pensino che con noi ci potrebbero essere anche i suoi accompagnatori.
Viene proposto di spostare il gruppo per visitare le case in costruzione dove è stato arrestato Nasser,. Non tutti ci vanno, un po' per stanchezza e un po' per paura. In fondo è sempre un luogo del delitto. La responsabile della cooperativa delle donne, che era stata convocata per parlare al gruppo, rimane delusa. Provo a proporre che almeno chi rimane la incontri ma pare che nessuno se la senta di tradurre dall'arabo.
Intanto che i visitatori sono dalle case vado sulla collina per cercare un po' di silenzio. Sinceramente questa visita mi ha dato un po' fastidio, ha rimesso in moto alcuni pensieri sull'inadeguatezza di chi parla di pace e nonviolenza ad affrontare sul serio le cose. Per di più è dal primo giorno che vorrei andare fino in cima alla collina ma mi hanno detto che potrei preoccupare i palestinesi inutilmente. A loro basta vedere uno sconosciuto girare per i campi da solo per pensare che i coloni stanno combinando qualcosa contro di loro. Considero che la presenza dei visitatori dovrebbe evitare la preoccupazione vado un po' in alto sopra il villaggio. Immerso nei miei pensieri e cullato dalla brezza fresca della sera vedo arrivare un humvee dell'esercito che entra nel villaggio e si dirige verso le case in costruzione. Avviso gli altri che un po' si allarmano, non è così comune che i militari entrino nel villaggio. Dall'alto seguo i movimenti del veicolo. Ne arriva un altro dall'alto della montagna. Si incrociano poco sotto le casa in costruzione e si fermano uno di fronte all'altro. Dopo un po' ripartono, quello che scende nel villaggio forse sbaglia strada o forse lo fa apposta per dare fastidio, fa un giro non necessario tra le case ma poi se ne va. La tensione cala.
Torno al villaggio, dato che il bus non è ancora stato riparato vengono chiamati dei service, specie di taxi da 7-10 posti, che porteranno via la delegazione. Anche alcuni di noi si aggiungono per tornare a Gerusalemme e quando escono dal villaggio ci telefonano per avvertirci che c'è una jeep dell'esercito che sembra voler fare un check point volante proprio all'ingresso del villaggio. Andiamo a prendere le telecamere a passo sostenuto andiamo a controllare. E' l'imbrunire, c'è pochissima luce. La jeep è lungo la strada da sola. Si apre una piccola discussione sul da farsi. Alcuni andrebbero a vedere dalla jeep per controllare l'attività del check point. Io penso sia meglio non avvicinarsi perché probabilmente la jeep si è fermata solo perché il bus rotto è fermo poco fuori dalla strada e volevano controllare cosa succedeva. Per di più ormai la luce è talmente poca che non sarebbe possibile riprendere niente nel caso succedesse qualcosa al check point. Miki e Gio decidono di andare lo stesso a vedere. Noi rimaniamo lontani a controllare anche se non potremmo fare assolutamente niente se i militari gli facessero qualcosa. Nel frattempo due bus di linea transitando rallentano e si fermano ben lontani dalla fermata. Hanno visto un bus israeliano fermo all'imbrunire sul bordo della strada vicino ad un villaggio palestinese. L'autista dell'autobus rotto deve andare da loro a rassicurarli. Solidarietà tra colleghi.

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