Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

23/10/09

Per mettersi in mezzo (13)

27/7/09
Durante la cena di ieri ci siamo trovati a ragionare sull'azione del giorno dopo. Ci vogliono tre telefonate a Fede per capire quale è l'azione prevista. Ogni volta nella spiegazione viene lasciato qualcosa di sottinteso che ognuno capisce a modo suo. A volte basta poco pur senza essere pedante e, per esempio, invece di dire “percorso breve” basta dire “percorso della casa rosa” o “percorso dove passano i soldati” per distinguere due percorsi che spesso vengono entrambe definiti brevi. A volte un dettaglio che sembra superfluo conferma quello che si pensava di aver capito e permette di essere più rilassati nell'ascoltare il seguito. Se vedo un'auto di coloni e voglio avvertire altri del suo arrivo posso dire “arriva un auto di coloni”, ma se dico “arriva un pickup rosso con a bordo dei coloni” permetto con poche parole in più agli altri di essere sicuri che l'auto bianca che sta arrivando non è ancora l'auto segnalata. Nel comunicare è proprio quando più bisogna essere rapidi che tanto più bisogna aggiungere dei dettagli. Sembra una contraddizione ma una comunicazione efficace non è necessariamente la più breve, aggiungere qualche dettaglio evita di dover ripetere e correggere i messaggio poco definiti.
Dopo le telefonate di chiarimento si capisce che l'intenzione è di andare con tutti i bambini del summer camp e gli adulti del villaggio fino a Tuba ma passando per un percorso che passa attorno al boschetto dove è l'avamposto illegale, abbastanza vicino alla colonia ma non come la strada tra la colonia e l'avamposto illegale in cui i militari accompagnano i bambini. Rimasti un certo tempo a Tuba gli adulti e i bambini del villaggio torneranno indietro ma non è ancora chiaro lungo quale percorso, forse proprio quello che taglia la colonia dall'avamposto.
Devo aspettare Ilaria che torna da un matrimonio a Betlemme. Passo la mattina a scrivere e a chattare quando la connessione funziona. La connessione “rubata” è problematica già da ieri sera ma a metà mattina ricomincia a funzionare un po' meglio.
Chiamiamo Ale e Fede per sapere come va al villaggio. Ci dicono che la prima parte della marcia è andata benissimo e che grandi e bambini sono arrivati a Tuba tutti insieme passando per il percorso previsto. Ci dicono che a Tuba sono anche arrivati alcuni militari ma che sono cordiali e danno consigli sul ritorno per evitare di passare vicino al poligono di tiro della colonia.
Mi scrivono dal lavoro per dirmi che il prossimo anno mi stravolgono l'assegnazione alle classi. Li chiamo e scopro che la segreteria ha sbadatamente invertito l'ordine della graduatoria interna. Grazie ad internet chiarisco la questione da duemila chilometri di distanza.
Chatto con mia moglie, discutiamo di alcune cose. Ele mi dice che sembra che tutti quelli che vengono qui si trovano a dover ridefinire i propri rapporti affettivi. Lei l'ha risolta brillantemente sposandosi Fabio e venendo qui con lui.
Finalmente arriva Ilaria ma decidiamo di partire dopo pranzo. Siamo in quattro, Ele, Fabio io e Ilaria. Chiamiamo per aggiornamenti e ci dicono che è andato tutto bene, che al ritorno sono passati quasi per lo stesso percorso dell'andata, che due macchina di coloni li hanno seguiti inveendo e loro si sono messi in mezzo tra le macchine e il corteo ma dopo poco i coloni se ne sono tornati indietro e tutto è andato senza problemi,“fish muskila”. Tra noi a tavola parliamo di nuovo della questione dei bamibini, dei vestiti e dell'incontro tra le culture. Arriviamo a parlare anche di differenze tra settentrionali e meridionali. Questa volta c'è più disponibilità ad ascoltarsi, non come la sera prima che Ale ha preferito lasciare il tavolo per fumarsi una sigaretta così da non dover sentire le mie critiche al coinvolgimento dei bambini nell'azione.
Ritirato i panni lavati dallo stenditoio e sistemato lo zaino, finalmente partiamo. Io non so l'arabo e Ilaria pochissimo ma ci lanciamo nell'impresa. Lei è stata qui lo scorso anno a fare quello che faccio io e quest'anno è venuta per seguire il summer camp, questo centro estivo di due settimane per i bambini e i ragazzi dei villaggi intorno.
Parto con i pantaloni corti ma prima dell'ultimo cambio di service mi attacco le “extension” che li trasformano in pantaloni lunghi. Ilaria allo stesso tempo si mette un fazzoletto in testa. Ci adeguiamo.
Dopo l'ultimo passaggio c'è da fare un tratto di una ventina di minuti a piedi. Lungo la strada si passa di fianco ad una discarica in cui vengono anche abbandonate carcasse di animali morti. Questa  è una cosa che mi stupisce. Non è così raro vedere ai bordi delle strade delle carcasse di pecore, asini, capre e altre bestie abbandonate, in parte spolpate e in parte rinsecchite. Ovviamente l'odore nei dintorni non è il più gradevole. Camminando verso il villaggio vediamo anche un agnellino morto da poco tempo che sembra che stia dormendo. Mi domando come mai facciano così. Se le bestie sono morte per un incidente mi aspetterei che ne macellassero la carne, anche se probabilmente ci sarebbero solo i cristiani che potrebbero mangiarla. Ma se le bestie sono morte per una malattia mi sembra strano che non ne brucino la carcassa o che non la sotterrino, a rischio che la malattia si diffonda. In ogni caso, tra scheletri, budella gonfie e tanfo di morto sono uno spettacolo ributtante che mette angoscia. O magari mette angoscia solo a me che forse ho un diverso rapporto con la morte rispetto a chi vive qui.
Arrivati al villaggio decido di sistemare le mie cose nelle stanze messe a disposizione per i volontari del summer camp. Forse mi ci sentirò un po' di più a casa.

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