Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

30/05/14

Unità e divisione

Dopo le elezioni europee e l'affermazione di misura della lista "Altra Europa per Tsipras" continuo a sentire appelli all'unità, che condivido, ma ho la sensazione che quasi tutti i diversi appelli abbiano un problema di riferimento.

Spesso ho sentito concludere l'appello all'unità con un "e chi non è d'accordo se ne vada". Il che vuol dire che evidentemente chi propone l'appello prevede di essere saldamente piazzato al centro del gruppo che è unito, e non certo in una posizione marginale a rischio di essere tra quelli a cui verrà chiesto di abbandonare l'unione.

I gruppi sociali e ancor più i gruppi politici si determinano a seconda del tipo di relazione che viene instaurata al loro interno. Un gruppo politico organizzato in piccoli gruppi territoriali che si aggregano per contiguità territoriale in coordinamenti provinciali a cui partecipano i rappresentanti territoriali a loro volta raggruppati in coordinamenti regionali con rappresentanti delle provincie, come era tipico dei partiti deve avere una catena di consenso  rigorosamente gerarchica con tutti i suoi pregi e difetti. Un gruppo politico organizzato su base assembleare dove chi è presente decide per tutti ha alla stessa maniera i pregi e i difetti dell'assemblearismo. Ci sono molti altri modelli più o meno sperimentati che adottano soluzioni intermedie di connessione in rete di realtà minori cercando di contrastare i difetti e esaltare i pregi delle due soluzioni estreme. Quale modello si adotta ha, alla fine, una conseguenza non solo sul piano organizzativo ma anche prettamente politico, cioè dei processi decisionali.
Ma oltre alle differenze di struttura c'è un'altra grossa differenza che si basa sui metodi consensuali adottati all'interno del gruppo politico. Mi limito a dire che una grossa tentazione, molto legata alla richiesta di identità, è sempre quella di voler stabilire chi è dentro e chi è fuori. Spesso sente il bisogno di definirsi chi non si sente definito nel suo essere, chi ha bisogno di qualcun'altro da cui distinguersi per definirsi. Anche per questo non mi piace l'uso che spesso si fa della parola "Altro" per nominare chi cerca di contrastare la deriva liberista. Penso che aver bisogno di un altro per sapere chi si è dimostra solo di avere poca identità soggettiva. Direbbe malamente il Marchese del Grillo "io so' io e voi non siete un cazzo", ma il concetto può essere civilizzato nella frase "Io sono chi sono per quello che faccio e vivo, e gli altri sono liberi di essere diversi da me come credono". Individui autonomi che sanno chi sono possono collaborare con altri diversi ma che condividono percorsi simili in un cammino unitario. Siamo tutti coscienti di essere diversi dagli altri e se pretendiamo di collaborare solo con coloro che sono identici a noi vuol dire che presupponiamo che gli altri rinuncino a se stessi per unirsi a noi sulle nostre posizioni. Forse qualcuno può farlo alla ricerca di un capo a cui sottomettersi ma, soprattutto a sinistra, mi pare che sia una vocazione scarsamente diffusa, almeno da un punto di vista ideale.
Per questo è importante imparare a convivere con il dissenso o meglio con la diversità. Primo passaggio è riconoscere il diritto all'altro di essere diverso senza pensare con questo che sia sbagliato e non ci possa più essere un rapporto con lui. Secondo passaggio è imparare ad avere posizioni variegate per cui se 80 la pensano in un modo e 20 in un altro non vuol dire che la pensiamo tutti nel primo modo e gli altri si devono adeguare, ma che l'80% la pensa in un modo e il 20% che la pensa nell'altro sarà libero di adeguarsi o meno a seconda di come ritiene meglio per lui e per il gruppo stesso, senza che questo sia un tradimento o costringa ad interrompere le relazioni. Anche perché non è così raro che si scopra dopo che il 20% aveva ragione e, se è ancora con noi, potrà aiutarci a recuperare dalla cantonata presa.

Mi rendo che idee simili sono un po' anomale, ma spero che possano essere tenute in considerazione almeno a livello locale.

Penso sarebbe utile trovare il tempo e il modo per confrontarsi seriamente anche su questi temi e di farlo non solo con quelli che si pongono dei dubbi sui modelli organizzativi e decisionali adottati finora in politica, ma soprattutto con quelli che invece hanno solide certezze derivanti dalla loro esperienza di anni e anni di lavoro politico. Metti caso che riescano a far superare i dubbi ai dubbiosi ...

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26/05/14

Speranze post elettorali

Spero che il risultato elettorale faccia prendere coscienza il M5S della responsabilità di rappresentare il 21% degli italiani, faccia stare sereno il bimbo minchia e lo faccia uscire dal proprio egocentrismo riscoprendo valori che ha incontrato da giovane.
Inoltre, pure ritenendo un abuso il quorum del 4%, vorrei ringraziare, se ci sono, quelle 3 o 4 persone che hanno votato L'Altra Europa con Tsipras sollecitati dai miei suggerimenti. Adesso però vorrei che non ritenessero finito il loro compito. Ora bisogna continuare insieme, soprattutto con persone giovani, a dare sostanza a questa idea.
Ma soprattutto vorrei che le persone la smettessero di vedere la politica come una partita di calcio in cui si tifa per la propria squadra a prescindere da quello che fa in campo, come fanno gli amici di Renzi che si offendono se lo chiami "bimbo minchia" affermando che dando giudizi ci si considera superiori e si generano i conflitti o gli amici di Grillo che per sfogare la loro rabbia per la non vittoria elettorale (prendendola per una sconfitta quando sono passati in un anno dal 15 al 21%) definiscono la lista Tsipras una lista estera.
I conflitti nascono da interessi diversi, che possono essere affrontati con diversi approcci. Il giudizio modifica l'equilibrio tra le posizioni cercando di porre l'altro in posizione di inferiorità o cercando di risalire da una posizione di inferiorità in cui l'altro ci ha messi. Alla base di tutto però è la coerenza delle azioni. E a livello politico, confrontandosi con altri, serve valutare le azioni delle parti in causa con tutti. In questo caso il problema non è solo il merito delle cose proposte, ma anche il metodo. Se scrivo che Renzi si comporta da bimbo minchia egocentrico (notare che do per possibile un suo cambiamento per cui l'etichetta è solo temporanea) è perché non contenti nei decenni passati di avere seguito fino al disastro altre persone con gravi problemi psicologici/psichiatrici le persone continuano a cercarle. Con tutto il rispetto di Basaglia, sono del parere che bisogna smettere di trattare gli psicopatici come persone normali ma come persone malate che hanno bisogno di cure cercando al tempo stesso di mettere a frutto il più possibile le loro capacità. Invece da secoli i popoli vanno a cercare psicopatici per mettersi alla loro sequela.
Magari bastasse un giudizio per salire in posizione di superiorità. Agli sfruttati della terra basterebbe veramente poco per non soffrire più. Il giudizio serve per decidere come agire.
Secondo l'ordinamento italiano dare del ladro ad una persona condannata in via definitiva per furto è perseguibile per legge, ma a me è sempre sembrata una norma ipocrita e, anzi, omertosa. Se il problema è la parola "michia" si può sostituire a "bimbo minchia" il termine scientifico "egocentrico narcisista" usato in psicologia che definisce una patologia (psicopatico significa persona che soffre di patologia psicologica o psichiatrica) o se si preferisce si può cambiare "faccia stare sereno il bimbo minchia e lo faccia uscire dal proprio egocentrismo" con " faccia stare sereno quello che, sperando ancora per poco, si comporta da bimbo minchia e lo faccia uscire dal proprio egocentrismo".
Io non ho mai chiamato nano Berlusconi o pazzo Grillo e se questa volta mi sono permesso di chiamare bimbo minchia Renzi (avrei potuto essere decisamente più pesante) è solo perché ho espresso la speranza che il risultato elettorale lo liberasse dalle sue patologie psichiche che non sono questioni lombrosiane (se hai gli occhi azzurri non puoi decidere autonomamente di cambiarli, ma se prendi l'antibiotico la bronchite passa anche se è meglio che tu stia lontano dagli altri per non attaccargli qualcosa) ma di ordinaria evoluzione clinica. Tutti probabilmente abbiamo delle patologia psichiche da dover tenere conto nella propria vita, ma sembra impossibile che vada sempre a finire che persone "fragili" psichicamente vengano lasciate libere di agire a danno di tutti. Provando a riflettere sui leader degli ultimi decenni, tralasciando Hitler, Stalin e Mussolini la cui patologia è più che evidente, me ne vengono in mente veramente pochi che non dimostrano tratti parecchio patologici. Forse Monti e Letta, se non per una certa anaffettività del primo, e papa Francesco.
Per cui se siete d'accordo con quello che afferma uno psicopatico, invece di rinnegare le vostre idee temendo di essere anche voi psicopatici o al contrario mettervi al suo seguito, valorizzate le sue qualità senza affidargli il vostro destino, collaborate con lui ma non dategli responsabilità per tutti. E' meglio per voi .. e per lui.

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23/05/14

Ignoranza brutta bestia

Nella società italiana c'è una massa di persone ignoranti e grezze che un tempo si vergognavano della loro ignoranza mettendosi al servizio dei potenti e che invece negli ultimi decenni la rivendicano, vantandosene ed insultando le persone preparate e colte. E' una massa di persone che spesso devono la loro ignoranza alla loro carenza di mezzi economici, ma ancora più alla carenza di stimoli e possibilità culturali, quelle occasioni che ti fanno rendere conto di quanto realmente sai, senza per questo rinunciare a voler sapere per decidere consapevolmente. Persone che invece di fare lo sforzo di comprendere quasi sempre preferiscono sottomettersi o insultare ricadendo nel luogo comune, di solito non tanto per colpa loro ma perché la società non dà loro la possibilità di irrobustirsi culturalmente per essere cittadini consapevoli. A ciò contribuisce non solo la scorrettezza di chi gli strumenti culturali ed economici ha e vuole mantenerne il privilegio, ma in molti casi anche la pigrizia culturale, quella che fa rifiutare le cose complesse preferendo la banalizzazione e il semplicismo.
Sono le stesse persone che negli ultimi secoli hanno sostenuto i totalitarismi dal fascismo al nazismo passando per il socialismo reale, una massa a cui la crescita culturale antifascista postbellica ha in qualche modo levato forza ma che ha ripreso consistenza nell'ultimo ventennio andando a sostenere forze populiste e/o forcaiole come la Lega e Forza Italia qualche anno fa e adesso il Movimento 5 stelle e il PD. Uno dei meccanismi di raccolta di consenso si basa sull'identificazione con il leader che deve essere sufficientemente rozzo e ignorante, almeno in apparenza, loquace e magari sgrammaticato, ma molto intraprendente in modo da sdoganare il ragionamento che "non serve essere colti per essere intelligenti", cosa vera ma ovviamente non sufficiente, insomma qualcuno di cui poter dire "è uno di noi". In queste masse ci sono spesso brave persone parecchio ignoranti che condividono pochi punti ideologici basilari legati alla loro sussistenza personale e che possono seguire leaders con ideologie anche molto diverse tra loro. Per esempio adesso, ne sono convinto, stanno seguendo qualcuno che da un punto di vista ideologico posso condividere sicuramente più di Mussolini, Berlusconi, Bossi e forse anche Togliatti. Ma la modalità è la stessa, una adesione di pancia che lascia da parte qualsiasi tipo di rielaborazione del proprio bisogno personale in una visione complessa e strutturata di società, e questo a prescindere dalle proposte più o meno strutturate delle formazioni politiche a cui si appoggiano. In molti casi è più la relazione che si instaura che i contenuti proposti che lega le persona al leader. Negli ultimi decenni questa massa si sta anche ingrossando grazie alle politiche della cultura e soprattutto dell'istruzione deprivate di risorse e di spazio sociale. Giovani senza strumenti culturali sono più facilmente addescabili da venditori di certezze. E una volta rovinata una generazione di giovani per riuscirla a recuperare alla cultura (umanistica e scientifica) serve uno sforzo ben maggiore.
Non nego che in questa massa si possono riconoscere singole individualità di persone competenti e capaci che di solito condividono se non perfino definiscono la struttura ideologica complessiva, che spesso vivono con disagio l'immersione in una massa incapace di ragionamento fine ma che la condividono finché segue le loro indicazioni.
Ma questo meccanismo porta ad una estraneazione sostanziale della società dalla gestione del bene comune che, oltre a non curare in definitiva neppure l'interesse personale delle singole persone, finisce per impattare su una gestione del bene comune che sia veramente a vantaggio di tutti. Non basta promuovere la partecipazione se questa non è sufficientemente consapevole ed informata, si rischia di ridursi alle adunate oceaniche di triste memoria.
Questo è il motivo per cui coloro che auspicano di vedere prevalere scelte sagge e per il bene comune devono impegnarsi a recuperare risorse ed energie per una crescita culturale in tutti i campi soprattutto delle giovani generazioni. Non è facile dopo lo tsunami del ventennio nazional-televisivo che ha cancellato conoscenze, competenze e strumenti divulgativi e educativi, ma è uno sforzo necessario per contrastare la deriva che ci porterà altrimenti a breve a nuove disgrazie.

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21/05/14

Dignità del bambino e dignità dell'educatore

Un post su internet diceva: "Non importa quanta dignità tu abbia, se un bambino ti passa una tazzina vuota, tu devi bere." Io invece penso che sia importante non fare finta di niente e limitarsi ad assecondare il bambino ma cominciare a scherzare con lui sul fatto che la tazzina è vuota. E' il primo passo verso la consapevolezza. Il bambino prova a vedere se ci si può semplificare la vita facendo finta che le cose siano come vorremmo senza avere a che fare con le scocciature che la realtà porta con sé. Usa la fantasia mischiata all'inganno, come a volte vede fare con gli adulti per non dover fare i conti con la realtà. Penso che l'importante sia valorizzare la fantasia ma sapendo distinguerla dalla realtà. Se ci si gioca sopra non limitandosi ad assecondare il bambino ma creandogli scenari diversi da comprendere ed esplorare che sappiano mediare tra fantasia e realtà senza confonderle sia un gran regalo alla dignità del bambino ... e dell'educatore.
Per l'educatore probabilmente è più semplice limitarsi ad assecondare il bambino evitando anche lui di dover avere a che fare con la complessità della realtà, ma non si capisce perché il gioco (che per il bambino è importante se non di più di un lavoro) non debba essere altrettanto impegnativo per l'educatore. Ugualmente quando l'adulto fa finta di rubare il naso al bambino. Far finta di rubare il naso è nell'ottica detta prima nella misura in cui una volta che il bambino si tocca il naso e ti dice che non è vero tu gli dici "mannaggia mi hai scoperto!!" ma se invece insisti fai lo stesso errore come quando accetti la tazzina vuota come se fosse piena senza giocarci sopra. Ma se il bambino dopo essersi ritrovato il naso dice "ancoooora" il gioco può continuare perché ormai non c'è più alcun dubbio: ormai il gioco è chiaro perché entrambe stanno recitando su un altro livello.

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